Cavalcare gli elefanti è una pratica molto diffusa in tutta l’Asia. Perché le attività con gli animali selvatici sono così popolari nel mondo?
Ecco il risultato di una ricerca condotta a livello globale: in un campione di persone che hanno pagato per un’esperienza con animali selvatici, più del 50% dichiara di averlo fatto perché ama gli animali. Ma conosciamo la verità dietro queste apparentemente innocue opportunità di divertimento per ignari viaggiatori?
Come si è evoluto il fenomeno dell’elephant riding?
L’elefante è il simbolo della Thailandia ed il protagonista del suo destination marketing. Proprio qui il problema è maggiormente diffuso, anche se tutta l’Asia è coinvolta. Traduco alcuni dati dalla mia tesi di laurea per visualizzare cronologicamente l’andamento del fenomeno:
- All’inizio del 1900, più di 100.000 elefanti popolavano le rigogliose foreste tropicali della Thailandia;
- Nel 1989 il governo thailandese ha bandito il disboscamento, pratica per cui venivano adoperati gli elefanti. Da lì ha avuto inizio lo sfruttamento degli animali per scopi turistici;
- Dal 1991 al 2014 il numero degli elefanti in cattività in Thailandia ha registrato un aumento del 50%. I centri dove è possibile cavalcare gli elefanti aumentano a dismisura;
- Dal 2010 al 2018 gli arrivi turistici sono più che raddoppiati.
- L’elefante asiatico è stato dichiarato un animale a rischio estinzione dall’IUCN; oggi in Thailandia ci sono circa 2.500/3.000 esemplari.
Il risultato di questi dati si traduce nella popolarità crescente di quest’attività.
Non mi sento di condannare chi, inconsapevolmente, ha pagato per partecipare a un trekking su dorso d’elefante. L’ingenuità e la mancanza di informazione – aspetto a cui comunque bisogna dare peso in ogni destinazione – portano tanti amanti degli animali a cadere nell’errore. Già, gli unici nemici degli animali non sono solo quelli che NON li amano e conseguentemente NON li rispettano. Anche gli amanti degli animali, che non farebbero del male a una mosca, possono diventare loro nemici e contribuire a queste forme di crudeltà.
Ma è davvero così crudele cavalcare gli elefanti?
La risposta è sì, senza dubbio. Apparentemente, questo livello di interazione sembra molto “naturale”, il turista non coglie alcuna forma di sfruttamento. Non sembra che l’animale soffra, anzi, è docile, tranquillo. Molti penseranno di non fare nulla di male accarezzandone la proboscide, facendo il bagno nel fango con l’elefante o dandogli da mangiare. Perché mai dovrebbe essere un problema? Lo fanno tutti!
Questa è probabilmente la percezione di moltissimi viaggiatori che in Sud-est asiatico non vogliono rinunciare all’esperienza con gli elefanti – data la fama di quest’attività pubblicizzata ovunque.
Perché il trekking a dorso d’elefante è così crudele se sembra un innocente attività a contatto con gli animali?
Tralasciamo le immagini, che potrebbero urtare la sensibilità di molte persone. Cerchiamo di spiegare a parole cosa subiscono gli elefanti prima di diventare un’attrazione turistica. Dietro questa “obbedienza”, c’è solo tanto dolore e agonia, derivante dalla pratica chiamata “phajaan”. Da piccoli, gli elefanti vengono tolti alla mamma ed entrano nella fase di “sottomissione”: rinchiusi e incatenati in spazi che possono contenere a malapena il loro corpo, non possono muoversi e sono “liberi” solo quando accettano di essere dominati. Quando questa fase è completa, il processo di nome “phajaan” – “distruggere dentro” – è finalizzato. L’elefante è pronto per diventare un intrattenitore di turisti assumendo comportamenti che in natura non esisterebbero. Per di più, cavalcare gli elefanti non è l’unica pratica inaccettabile: spesso, è possibile assistere a spettacoli, vedere gli animali dipingere con la proboscide, ballare.
Cavalcare gli elefanti non è l’approccio etico e rispettoso. Come si può contribuire alla conservazione degli elefanti?
Fortunatamente, c’è sempre più consapevolezza sull’argomento: moltissimi viaggiatori oggi evitano di cavalcare gli elefanti. In alternativa, preferiscono visitare santuari etici, dove gli animali vivono in libertà, ben nutriti e non sfruttati. La parola “santuario” può risultare ingannevole, dato che moltissimi “centri di sfruttamento” ne hanno approfittato per intrappolare turisti ingenui. Oggi, però, c’è davvero l’imbarazzo della scelta su come informarsi: non possiamo caderci più! Tra i più famosi santuari menzioniamo l’Elephant Nature Park, istituito dall’organizzazione no-profit Save Elephant Fundation. Moltissimi campi di addestramento si sono convertiti in etici santuari elephant-friendly. A causa del coronavirus diversi elefanti sono stati liberati in Thailandia. Il rischio, ora, è che possano essere abbandonati o venduti illegalmente a causa della mancanza di turisti.
Ognuno di noi dovrebbe:
- aderire ai principi del turismo sostenibile, in cui sono già racchiuse tutte le prossime raccomandazioni
- ricercare attività che assicurino la salvaguardia degli animali: davvero vuoi finanziare questo orrore?
- informarsi, essere consapevoli di tutto ciò che si acquista
- interagire in modo soft con animali selvatici: bandire ogni attività che implichi un contatto fisico non naturale
- riflettere sul fatto che, se amiamo gli animali, non facciamo loro del bene con un approccio invadente. Se li rispettiamo, ci accontentiamo di vederli liberi, in natura e senza procurare loro danni.
Prossimamente, verrà trattato l’argomento dei templi delle tigri, un altro orrore che ha luogo in Asia finanziato dai turisti.
Esplora le destinazioni!
Cavalcare gli elefanti è una pratica molto diffusa in tutta l’Asia. Perché le attività con gli animali selvatici sono così popolari nel mondo?
Ecco il risultato di una ricerca condotta a livello globale: in un campione di persone che hanno pagato per un’esperienza con animali selvatici, più del 50% dichiara di averlo fatto perché ama gli animali. Ma conosciamo la verità dietro queste apparentemente innocue opportunità di divertimento per ignari viaggiatori?
Come si è evoluto il fenomeno dell’elephant riding?
L’elefante è il simbolo della Thailandia ed il protagonista del suo destination marketing. Proprio qui il problema è maggiormente diffuso, anche se tutta l’Asia è coinvolta. Traduco alcuni dati dalla mia tesi di laurea per visualizzare cronologicamente l’andamento del fenomeno:
- All’inizio del 1900, più di 100.000 elefanti popolavano le rigogliose foreste tropicali della Thailandia;
- Nel 1989 il governo thailandese ha bandito il disboscamento, pratica per cui venivano adoperati gli elefanti. Da lì ha avuto inizio lo sfruttamento degli animali per scopi turistici;
- Dal 1991 al 2014 il numero degli elefanti in cattività in Thailandia ha registrato un aumento del 50%. I centri dove è possibile cavalcare gli elefanti aumentano a dismisura;
- Dal 2010 al 2018 gli arrivi turistici sono più che raddoppiati.
- L’elefante asiatico è stato dichiarato un animale a rischio estinzione dall’IUCN; oggi in Thailandia ci sono circa 2.500/3.000 esemplari.
Il risultato di questi dati si traduce nella popolarità crescente di quest’attività.
Non mi sento di condannare chi, inconsapevolmente, ha pagato per partecipare a un trekking su dorso d’elefante. L’ingenuità e la mancanza di informazione – aspetto a cui comunque bisogna dare peso in ogni destinazione – portano tanti amanti degli animali a cadere nell’errore. Già, gli unici nemici degli animali non sono solo quelli che NON li amano e conseguentemente NON li rispettano. Anche gli amanti degli animali, che non farebbero del male a una mosca, possono diventare loro nemici e contribuire a queste forme di crudeltà.
Ma è davvero così crudele cavalcare gli elefanti?
La risposta è sì, senza dubbio. Apparentemente, questo livello di interazione sembra molto “naturale”, il turista non coglie alcuna forma di sfruttamento. Non sembra che l’animale soffra, anzi, è docile, tranquillo. Molti penseranno di non fare nulla di male accarezzandone la proboscide, facendo il bagno nel fango con l’elefante o dandogli da mangiare. Perché mai dovrebbe essere un problema? Lo fanno tutti!
Questa è probabilmente la percezione di moltissimi viaggiatori che in Sud-est asiatico non vogliono rinunciare all’esperienza con gli elefanti – data la fama di quest’attività pubblicizzata ovunque.
Perché il trekking a dorso d’elefante è così crudele se sembra un innocente attività a contatto con gli animali?
Tralasciamo le immagini, che potrebbero urtare la sensibilità di molte persone. Cerchiamo di spiegare a parole cosa subiscono gli elefanti prima di diventare un’attrazione turistica. Dietro questa “obbedienza”, c’è solo tanto dolore e agonia, derivante dalla pratica chiamata “phajaan”. Da piccoli, gli elefanti vengono tolti alla mamma ed entrano nella fase di “sottomissione”: rinchiusi e incatenati in spazi che possono contenere a malapena il loro corpo, non possono muoversi e sono “liberi” solo quando accettano di essere dominati. Quando questa fase è completa, il processo di nome “phajaan” – “distruggere dentro” – è finalizzato. L’elefante è pronto per diventare un intrattenitore di turisti assumendo comportamenti che in natura non esisterebbero. Per di più, cavalcare gli elefanti non è l’unica pratica inaccettabile: spesso, è possibile assistere a spettacoli, vedere gli animali dipingere con la proboscide, ballare.
Cavalcare gli elefanti non è l’approccio etico e rispettoso. Come si può contribuire alla conservazione degli elefanti?
Fortunatamente, c’è sempre più consapevolezza sull’argomento: moltissimi viaggiatori oggi evitano di cavalcare gli elefanti. In alternativa, preferiscono visitare santuari etici, dove gli animali vivono in libertà, ben nutriti e non sfruttati. La parola “santuario” può risultare ingannevole, dato che moltissimi “centri di sfruttamento” ne hanno approfittato per intrappolare turisti ingenui. Oggi, però, c’è davvero l’imbarazzo della scelta su come informarsi: non possiamo caderci più! Tra i più famosi santuari menzioniamo l’Elephant Nature Park, istituito dall’organizzazione no-profit Save Elephant Fundation. Moltissimi campi di addestramento si sono convertiti in etici santuari elephant-friendly. A causa del coronavirus diversi elefanti sono stati liberati in Thailandia. Il rischio, ora, è che possano essere abbandonati o venduti illegalmente a causa della mancanza di turisti.
Ognuno di noi dovrebbe:
- aderire ai principi del turismo sostenibile, in cui sono già racchiuse tutte le prossime raccomandazioni
- ricercare attività che assicurino la salvaguardia degli animali: davvero vuoi finanziare questo orrore?
- informarsi, essere consapevoli di tutto ciò che si acquista
- interagire in modo soft con animali selvatici: bandire ogni attività che implichi un contatto fisico non naturale
- riflettere sul fatto che, se amiamo gli animali, non facciamo loro del bene con un approccio invadente. Se li rispettiamo, ci accontentiamo di vederli liberi, in natura e senza procurare loro danni.
Prossimamente, verrà trattato l’argomento dei templi delle tigri, un altro orrore che ha luogo in Asia finanziato dai turisti.
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