Safari in Africa, turismo e conservazione della fauna selvatica

Safari in Africa, turismo e conservazione della fauna selvatica

Turismo e fauna selvatica si fondono in un’esperienza di viaggio unica al mondo: il safari in Africa. Nella savana africana nasce e si sviluppa la più popolare espressione di viaggio alla ricerca di animali selvatici nel loro habitat naturale.

Il “safari corridor” si estende principalmente nella zona sud-orientale dell’Africa, dove la savana rappresenta l’ecosistema principale. Le escursioni – quasi sempre volte alla ricerca dei Big Five (elefante, bufalo, rinoceronte, leone, leopardo) – si svolgono nel 96% dei casi in aree protette.

Nelle prime fasi evolutive, l’attività cardine del safari in Africa era, purtroppo, la caccia. Ben lontana dalla classica idea del safari fotografico, questa forma di “turismo” esiste ancora, anche se molti Paesi stanno rivoluzionando l’offerta turistica orientandosi a sviluppi sostenibili. L’osservazione di animali selvatici, insieme alla fotografia naturalistica, hanno quasi totalmente sostituito la caccia.

Ad oggi, solo il Kenya ha preso provvedimenti contro questa pratica, vietando la caccia alla fauna selvatica in tutto il territorio.

Conseguenze derivanti da turismo e safari in Africa sulla fauna selvatica: pro e contro

Strade

Pensiamo ad esempio alla costruzione di strade nel Kruger National Park in Sudafrica. All’interno del parco esiste una rete stradale di circa 8.000 km, molto più efficiente rispetto ad altri stati africani. La costruzione di strade in un ecosistema del genere comporta la modificazione della natura selvaggia. Le strade possono rappresentare un ostacolo per alcune specie, oltre che causare collisioni con i veicoli, traffico e congestione. Sotto questo punto di vista, le strade all’interno del parco naturale assumono un’accezione negativa, rappresentando un elemento di deturpazione del paesaggio. In realtà, esiste l’altro lato della medaglia: gli impatti dei veicoli sulle strade asfaltate sono molto meno dannosi degli effetti derivanti dai veicoli fuoristrada. Le strade, infatti, alleviano i danni delle vetture sul terreno e sulla vegetazione; inoltre, permettono il “confinamento” dei turisti, costretti a seguire un percorso piuttosto che andare off-road con gravi conseguenze sul disturbo della fauna.

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Barriere e confini

Il problema della creazione di barriere per separare la fauna dalle comunità locali divide gli studiosi. Perché le barriere sono importanti? I confini mettono in sicurezza la fauna, salvaguardandola all’interno dei parchi naturali, al riparo dai bracconieri; inoltre, proteggono le comunità locali da possibili attacchi degli animali. L’altra fetta di studiosi, invece, sostiene che i confini influiscono sulle naturali migrazioni degli animali, che sarebbero – in assenza di barriere – liberi di spostarsi da un’area all’altra. La domanda si sviluppa sulla scelta seguente:

  • influenzare le migrazioni della fauna, “costringendola” all’interno delle aree protette, al riparo dai crimini di bracconaggio
  • lasciare gli animali liberi di migrare in modo naturale, esposti al rischio di essere vittime dell’uomo

In sintesi: liberi ma a rischio, o confinati ma protetti?

Pozze d’acqua artificiali

Infine, tra le modificazioni territoriali nella savana menzioniamo le pozze d’acqua artificiali, costruite per far fronte ai problemi derivanti dall’aridità del terreno.  Le pozze hanno un notevole impatto ecologico sulle abitudini fauna, che tende a stabilirsi in prossimità di fonti d’acqua. Il rovescio della medaglia salta subito all’occhio: grandi concentrazioni d’acqua richiamano grandi concentrazioni di animali, che a loro volta attirano più e più turisti. Quindi: è etico – da parte degli operatori di safari – sfruttare le pozze d’acqua come facili spot d’avvistamento per turisti? Cosa comporta il sovraffollamento di certe aree, determinato dalla facilità degli avvistamenti?

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Disturbo e adattamento della fauna

Gli interventi umani sulla savana descritti sopra convergono in una tematica molto rilevante: il disturbo della fauna e le conseguenze comportamentali. Eccessive densità di turisti e relativi veicoli arrecano gravi danni alle abitudini degli animali. Nel Masai Mara National Park, ad esempio, il ghepardo – predatore diurno – tende ad adeguare le sue abitudini, cacciando in orari serali quando la presenza umana non è motivo di disturbo. Gli animali selvatici quindi sono soggetti all’adattamento all’uomo. Questo li rende molto più vulnerabili al rischio di essere catturati e uccisi: l’adattamento della fauna rende più facile il bracconaggio. Questa ingiusta pratica ha debellato varie specie di animali selvatici e ha anche degli effetti negativi sul turismo. Meno animali, carcasse, rischi di varia natura cambiano l’immagine della destinazione ma soprattutto impediscono uno sviluppo del turismo fondato sulla sostenibilità a lungo termine.

Dall’altro lato, il turismo può aiutare a prevenire il bracconaggio data la presenza di più ranger, operatori locali e turisti stessi, scoraggiando le cattive intenzioni.

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Presto ci occuperemo di due temi correlati:

  • alloggi e safari sostenibili;
  • il ruolo delle comunità locali.

Non è facile dare una risposta univoca a queste tematiche: ad ogni modo, è importante considerare sempre pro e contro di ogni problema. Puoi dirci cosa ne pensi nei commenti e approfondire altri temi sul turismo sostenibile!

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2020-11-20T14:27:23+00:00Di |Africa, Turismo Sostenibile|

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